FUORISCHERMO

 

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“Fuorischermo” incontra a Mosca Andrej Zvyagintsev
il regista del film Leone d’Oro all’ultimo festival di Venezia
ALESSANDRA TIROLO

ANDREJ ZVYAGINTSEV Nell’ambito della mia attività lavorativa ho incontrato il regista russo Andrej Zvyagintsev a Mosca, durante una serata di gala esclusivissima, tra cui famose celebrità del mondo dello spettacolo, del jet-set e della politica moscovita.
Fra i vari V.I.P. presenti, sotto nostra (dell’azienda che rappresento) insistente sollecitazione, era stato invitato anche il regista Andrej Zvyagintsev, vincitore del Leone d’oro all’ultimo Film Festival di Venezia. Tengo a ribadire il concetto sotto nostra insistente pressione, poiché i nostri colleghi russi conoscevano a mala pena il suo nome e non erano molto interessati a invitarlo, ma noi ci siamo imposti con un “Ma ha vinto l’ultimo Film Festival a Venezia, Leone d’Oro, opera prima, un talento unico …” per noi era il personaggio principale da invitare. Andrej durante la caotica serata era sempre in un angolo, semi nascosto dalla massa, fuori da ogni centro di attenzione, sorseggiava il suo vino, si guardava in giro divertito e chiacchierava con un paio di amici. Quasi tutta la serata in disparte fuori contesto, ma sempre sorridente e gentile.
Lo osservavo e avevo l’impressione di vederlo non a suo agio, come se si trovasse lì per caso, c’era ma per tutti era come se non ci fosse, nessuno lo considerava, i moscoviti erano tutti troppo presi dalle celebrità del jet-set o della politica, per dedicarsi a un giovane e quasi sconosciuto regista russo, che aveva appena vinto un premio cinematografico qualsiasi. Questa è stata l’impressione forte che ho avuto del contesto della serata. Io, dal mio canto, non potevo perdermi per nessuna ragione al mondo, la possibilità di avvicinare e conoscere Andrej Zvyagintsev e magari riuscire anche a conversare con lui per qualche secondo e forse anche di cinema. Così mi sono avvicinata, mi sono presentata e gli ho fatto i miei complimenti per il suo film e per il premio ricevuto a Venezia. Lui si è subito mostrato molto gentile, disponibile e felice del mio interessamento nei suoi confronti, soprattutto per l’apprezzamento della sua arte. Infatti mi ha subito chiesto se avessi visto il suo film e con mio grosso rammarico ho dovuto rispondere che non ne avevo ancora avuta l’occasione, perché in Italia doveva ancora uscire (e ammetto con grande disappunto, perché aver avuto la possibilità di parlare con lui e di approfondire certe tematiche del suo film, sarebbe stato fantastico e irripetibile), ma che ero curiosissima e che l’attesa era molto elevata. In Italia non si faceva altro che parlare del suo film, delle sue influenze artistiche, del suo fare cinema e del premio conquistato a discapito di un film italiano. A quel punto mi sono resa conto che non riusciva a capire tutto quello che stavo dicendo in inglese e Andrej ha chiesto l’intervento di un suo amico, che ha cominciato, purtroppo per lui, a fare da traduttore al nostro dialogo. Andrej ha risposto che gli sarebbe piaciuto sapere la mia opinione sul suo film perché sentiva opinioni differenti e talvolta discordanti sulla sinossi del suo film e sull’interpretazione ideologica attribuitagli (e ora che ho finalmente visto il suo film posso facilmente capire il perché della sua curiosità!). Andrej ha detto che non ama essere paragonato ad altri registi o essere catalogato dentro particolari generi e filoni cinematografici. Infatti io gli ho fatto notare che in Italia il suo film era stato considerato fortemente influenzato da Tarkovsky, e numerose erano le similitudini e le analogie poste tra i due registi.
IL RITORNO Andrej mi ha risposto che lui non sente questa analogia con Tarkovky e che non si sente minimamente influenzato dal suo cinema o dalla sua visione di cinema, anche perché Tarkovsky, per Andrej, ha una visione filmica molto personale, soggettiva e interiorizzata che non può assolutamente essere ripresa da nessun altro regista. O meglio, questo è quello che Andrej ha cercato di spiegarmi parlando metà in russo e metà in inglese con il prezioso supporto dell’amico-traduttore nei punti bui del discorso.
Non certa di aver compreso bene la sua risposta (anche se le negazioni in inglese non possono sfuggire tanto facilmente), perché il suo rinnegare un’influenza tarkovskiana nel suo film mi sembrava una dichiarazione molto importante da parte sua, visto che in Italia è ormai considerato come il nuovo successore di Tarkovsky, ho incalzato nella precisazione di questa affermazione.
Per ovviare ogni dubbio gli pongo un’ulteriore domanda di specificazione molto semplice e chiara da capire: “Quale regista ti ha influenzato? O meglio quale regista preferisci?” (più esplicita di così non potevo essere, a questo punto il nome di Tarkovsky, se avessi precedentemente capito male, doveva uscire per forza). Invece Andrej ribadisce ulteriormente il concetto che lui non è stato influenzato da nessuno regista in particolare, che il suo cinema nasce direttamente da dentro, dallo scorrere dei suoi pensieri, dalle sue idee e le rappresenta così naturalmente come gli affiorano nella mente. Io, non soddisfatta di questa risposta così vaga ed eterea, ribadisco con un ripetuto “Ma nessun regista russo ti ha influenzato o magari solo ispirato? Del resto la cinematografia russa è stata molto importante e determinante per la storia e l’evoluzione del cinema”.
Andrej sorridendo mi risponde che in effetti lui è cresciuto vedendo film russi, dal grande Ejsenstein al cinema più recente di Tarkowsky e Mikalkof, e che necessariamente la loro filmografia ha in qualche modo influenzato la sua visione di cinema, ma nessuno in particolare si può definire la sua guida o fonte d’ispirazione.
Questa base di cultura e di esperienza conoscitiva si è plasmata sulla sua personalità, poiché ognuno di noi è dotato di una forte soggettività, di una specifica interiorità, che caratterizza il soggetto e queste influenze esterne possono solo plasmare la personalità del soggetto, ma non condizionarla. A questo punto vedevo l’amico-traduttore spossato e provato dalle mie domande così specifiche, anche se invece Andrej sembravo divertito e interessato ad approfondire questo argomento. Allora mi sono sentita costretta a concludere il dialogo con traduzione consecutiva dell’amico, chiedendogli se potessi fargli un’ultima domanda inerente ad un progetto su un nuovo film (sebbene avessi desiderato continuare a subissarlo con un’infinità di domande: “Cosa pensi del cinema europeo? Del cinema italiano? Del cinema americano? Quali registi europei, americani preferisci?”).
ZVYAGINTSEV SUL SET Andrej mi ha risposto che ci sta già lavorando mentalmente, e che gli piacerebbe girarlo in Italia, paese che lui ama e adora (non so quanto fosse pilotata questa risposta ruffiana, ma fa sempre piacere sentirselo dire). Ha aggiunto che sta cercando di costruire il suo nuovo film, non attraverso una storia o una sceneggiatura, ma attraverso una sequenza di immagini: si formano nella sua testa delle immagini concatenate, che si susseguono l’una all’altra e su queste sequenze e proiezioni mentali vorrebbe poi costruire una storia. Una tematica molto interessante ed affascinante che avrei voluto approfondire più dettagliatamente, ma l’amico-traduttore si stava stancando e mi sembrava poco entusiasta di proseguire con ulteriori traduzioni delle nostre elucubrazioni filmiche sinottiche. Quindi ci siamo salutati e lui molto cortesemente mi ha invitato alla prima del suo film in Italia.
Sono tornata a casa entusiasta di avere conosciuto il grande Andrej Zvyagintsev, un po’ frastornata dalle sue idee e risposte apparentemente eteree e evanescenti (forse dovute alla scarsa praticità discorsiva del suo amico), ma lui è una grande persona, disponibile, simpatica, gentile e affabile, non si è ancora reso conto di essere un grande regista, forse perché nella sua madre patria non è per niente considerato una star!!!