
Ricordate quella forma di letteratura un po’ 
nerd, destinata ai ragazzi, che leggevamo da bambini? I cosiddetti 
libri-game, quelli che all’incirca verso metà libro proponevano un finale alternativo da scegliere a proprio piacimento.
 Non so quanti di voi si siano mai imbattuti in libri del genere, ma di sicuro optare per un finale diverso è quello che
 avremmo voluto tutti, una volta usciti distrutti da 
Alpha Dog di Nick Cassavetes. Il regista che ci aveva suggerito,
 in maniera neanche troppo velata, di empatizzare col Johnny Depp spacciatore in 
Blow (2001), di cui scrisse la
 sceneggiatura, non lascia alcuna speranza nel suo ultimo film. Non abbiamo neanche la possibilità di appellarci alla
 fantasia, come sappiamo si tratta infatti di un’agghiacciante storia vera, tra l’altro non ancora risolta del tutto da un
 punto di vista legale. Dalla prima scena in cui vediamo riunito il losco gruppetto le vicende sembrano scaturire, tanto per
 cambiare, dalla cattiva maestra televisione, questa volta non dai talk show trash su cui si regge molto dei palinsesti
 americani, bensì da uno dei germi del male generazionale maggiormente messo sotto accusa insieme ai videogame, Mtv. La 
colonna sonora permanente ai festini tutti birra, crack e sesso precoce è il gangsta rap, quell’hip hop malavitosamente
 modificato che ha perso tutto dell’originario orgoglio razziale e sociale, facendosi piuttosto veicolo dei valori
 nenoborghesi come la ricchezza e il potere ad ogni costo, la bella vita a bordo piscina, in compagnia di ventri femminili 
scolpiti, sudaticci e sempre disponibili. Più che un’evasione, stavolta, parliamo di un circolo vizioso, che inizia e 
finisce in un genere musicale che è diventato un genere di esistenza, un modus vivendi attecchito per merito dell’assenza

 totale di alternative. Cause ed effetti sembrano rincorrersi in 
Alpha Dog: Johnny e Frankie giocano all’assassino
 come Notorius B.I.G. e 2Pac, oppure è la loro indole, intrinsecamente deviata, ad ispirare la loro musica? Cassavetes 
osserva, scevro da moralismi, la realtà degli adolescenti senza eroi, in balia dei loro soldi, dei loro idoli, pericolosi e
 vuoti come la peggiore musica mainstream. A rendere il tutto ancora più meta-televisivo è la presenza di uno dei
 
teen idol più adorati nel ruolo da protagonista, quel Justin Timberlake che forse scopre il suo miglior talento sul
 set cinematografico. Ma attenzione: il film è ben lungi dall’avvalorare il classico scaricabarile che vede cadere la
 responsabilità dalla famiglia e la società sulla televisione e sulla Playstation. 
Alpha Dog allerta tutti, genitori
e figli, sul fatto che non tutte le modalità di messa in forma del vuoto sono nobili forme d’arte come il cinema o il video,
 e che spesso è molto più semplice inseguire l’offerta quotidiana d’intrattenimento a buon mercato, non ultima tra queste, 
la violenza. L’intreccio che vede inscindibile la forma cinematografica da quella musicale e televisiva è volto a 
considerare la totalità del mondo mediatico non come responsabile, bensì come specchio di una realtà assurda eppure,
 tragicamente radicata.